Il viceré di Ripacorsa: Juan de Aragon conte di Ribagorza (1507-1509). I viceré di Napoli

Riferimento: 9788872971352

Editore: ABE
Autore: Bascetta Arturo, Cuttrera Sabato
In commercio dal: 01 Gennaio 2024
Pagine: 142 p., Libro rilegato
EAN: 9788872971352
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Il viceré di Ripacorsa: Juan de Aragon conte di Ribagorza (1507-1509). I viceré di Napoli

Il viceré di Ripacorsa: Juan de Aragon conte di Ribagorza (1507-1509). I viceré di Napoli

 

Descrizione

Questo testo ha un filo conduttore invisibile che porta il lettore per mano fino all'Inquisizione. Basta pensare a come Cristoforo Colombo trattò gli Indios e a come il suo Re trattò lui. Poi la verità di Amerigo Vespucci, mentre Napoli, afflitta, affranta e gaudente per la fine aragonese, mostra tutte le contraddizioni della metropoli, ma anziché reagire, si accontenta della retrocessione a vicecapitale spagnola. La beffa della luogotenenza, affidata all'ex Regina Giovanna III e alla figlia Giovanna IV, fà dell'abilità di Ferdinando il Cattolico - usurpatore del reame della figlia, fatta passare per loca, e del mezzo regno francese, ereditato dalla nuova moglie dei de Foix - l'arma vincente per buttare fuori dal reame anche il Papa e ridisegnare le province del Principato di Salerno, ridimensionando la Chiesa fra le mura della sola Benevento. L'infamia che obbliga gli Ebrei a farsi riconoscere col bollino rosso e l'idea di perseguitarli, pescandoli a festeggiare durante i piagnistei pasquali, danno l'immagine di un regno a gestione familiare, nelle mani di figli e parenti. E l'idea di sabotare l'illuminismo riesce benissimo all'ingrato Re di bronzo che lascia il lavoro sporco ai frati, usurpando beni materiali e immateriali, tanto ai nuovi convertiti quanto ai filosofi. L'unica cosa che conta, per gli Spagnoli, sono i miracoli, le rendite, i benefici e le commende che andranno a scalfire tutti i patrimoni. L'ostentazione effimera del potere non sfugge ai ricchi notai, i soli capaci di trasformarsi in cronisti, per raggirare la regressione e alimentare il malcontento dei Castigliani, scippati della Corona, tanto dei Castelli di Castiglia, quanto dei principati napoletani. C'è da dire che l'astuto Ferdinando, soffiando sui focolai antisemiti, incalza spedizioni punitive che il Viceré Ripacorsa recepisce ma non persegue, adattandosi alla napoletanità e disertando i parlamenti cittadini. La moglie, del resto, è una ricca femmina che preferisce il lusso della Corte alle grida dei poveri e al muso lungo delle ex regine, continuamente a lutto, nel chiuso di Castelcapuano, ripudiando fasti e onori. L'invasione dei grilli neri e dei topi, la morìa del bestiame, il terremoto di Messina, e altri accidenti provocati dalle persecuzioni, stimolano però il Viceré a liberare la Puglia dai Veneziani per garantire il grano alla capitale, rimasta senza commercio. L'operazione contro eretici e malefici alias Janare dà buoni frutti, ma la speculazione viaggia di pari passo agli abusi e approfitta delle persecuzioni verso uomini di lettere e donne ghibelline, accusate di malefici e magia nera. Gli ingredienti per la rivolta popolare ci sono tutti. Presentare un testo storico di Cuttrera e Bascetta è sempre una emozione. Colpisce innanzitutto la ricerca certosina delle fonti, le più svariate e miracolosamente rinvenute dalla pazienza infinita. Si sa. La storia è ricerca, continua e costante.