Pietro Grossi, dopo il folgorante esordio di Pugni, edito da Sellerio, ottenuto il successo di critica e pubblico, ha lasciato che la stella del talento si spegnesse sempre più, consegnando ai lettori una serie di romanzi che hanno convinto poco e ci hanno lasciato un po’ sgomenti come chi si chiede dove sia finita quella scrittura forte e tenace, da sempre il suo marchio di fabbrica.
Credo di poter dire che Pietro Grossi ha riversato tutta questa assenza nel suo ultimo libro appena pubblicato da Mondadori.
Un memoir forte e tenace appunto, con l’aggiunta di un pizzico di ricerca autentica che molto apprezzano i lettori alla ricerca di quei libri che oltre ad una storia hanno molto altro da raccontare. Così Pietro Grossi intesse la trama della sua vita su carta come un romanzo di formazione che ricorda le pagine migliori di Niccolò’ Ammaniti e che racconta una verità personale da sempre celata ( e che non è il caso di spoilerare qui) richiamando le pagine di Melville e del suo Moby Dick.
Cinque stelle per questo romanzo che definirei “della maturità” e che nel ripercorrere la vita dell’autore dai primi ricordi d’infanzia, racconta allo stesso tempo una generazione di scrittori che dai primi anni del duemila, fino ad oggi, ha dovuto fare i conti con un mestiere difficile che regala poche certezze e che molto mette alla prova. Ringrazio l’autore per il coraggio nell’’essersi messo così tanto a nudo e consiglio vivamente la lettura.